amen

amen 1 Amen 1
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Obscurity age, cassetta allegata al numero 1

Amen 2

Viridanse e The Art of waiting
cassetta allegata al numero 2


Amen 3

Nadja e Dead relatives
cassetta allegata al numero 3


Amen 4

Flux of fluster e Pagan Easter
cassetta allegata al numero 4


Amen 5

F.A.R. e Ritmo Tribale
cassetta allegata al numero 5


Amen 6

Intolerance e The Tapes
prima cassetta allegata al numero 6


Chant d'amour
(compilazione di gruppi francesi), seconda cassetta allegata al numero 6


La nave dei folli. A dieci anni dalla 180 / Amen 7



In allegato al numero 7 un LP con brani di
Pagan Easter
, Gronge, ça Ira e Pedago Party

Amen 8

In allegato al numero 8 un doppio LP di gruppi italiani ed internazionali (1990)







Amen. This is religgion

Angela Valcavi ha puntualmente risposto alla mia richiesta di informazioni e la ringrazio moltissimo per la sua disponibilità, serietà e gentilezza.

Quando e dove nacque l’idea di creare la pubblicazione ? CHI erano le persone in essa coinvolte? Quali le loro attitudini politico-culturali

Amen è stata una non fanzine nel panorama delle fanze. Una rivista alternativa dopo la scomparsa dei fogli di movimento. Un diario aperto sulla coscienza. Una ferita, una provocazione, un'occasione di scambio, di confronto e di dibattito.

Sulle pagine di Amen non si parlava solo di musica. Lo facevamo su poche pagine dedicate, prima c'era altro da trattare.

Nei primi anni ottanta fare una fanzina era la cosa più semplice del mondo. Ne uscivano in continuazione. Numeri unici, chi faceva un paio di uscite e spariva, chi invece è diventato un punto di riferimento nel panorama culturale e musicale underground.

Tutto rigorosamente frutto di collette e di parte dello stipendio dei 'fortunati' che lavoravano. In fondo, materialmente, non occorreva un granchè: carta, macchina da scrivere, fotocopiatrice e qualche liretta.

Amen è nata per caso.

Mentre cercavo di vendere le ultime copie di Fame con Vincillo in un caldo giorno di luglio.

Concerto (forse) degli Indigesti alla casa occupata di via Cadore a Milano. L'esperienza di Fame era praticamente conclusa dopo l'uscita del secondo numero e sulla promessa del terzo, per divergenze sui contenuti, frutto di una scissione sui contenuti politico, satirico e underground.

L'incontro con Roberto, che era affascinato alle fanzine come mezzo espressivo, e Gianna che cantava con Obscurity Age, in quel caldo giorno d'estate fu l'inizio.

Iniziammo a frequentarci e a parlare del progetto di una nuova fanzina. Discutemmo molto sui contenuti, che volevamo forti, di rottura, dirompenti, un pugno nello stomaco al perbenismo e alla società borghese, dal connotato marcatamente anticlericale, dal sapore oscuro del postpunk, esistenziale, nichilista e ad ottobre, sulla scia degli eventi che si susseguivano alla velocità della luce, eravamo pronti a dare alle stampe la fanzina. Arrivammo al primo numero con poche certezze ma sufficienti a proporre sedici pagine annegate nell'inchiostro nero dove il bianco emergeva sotto forma di teschi, figure inquietanti, incisioni di Gustave Dorè e disegni di Aubrey Beardsley.

Nel giro di due mesi il primo numero era fatto. Stampato come lo era stata Fame. Sedici pagine. Il primo Amen arrivò tra le fanzine nell'autunno dell'83, oltre che con un nome già particolare, con una copertina (per pura coincidenza con la stessa immagine della copertina di Evil Metal di Death SS) decisamente forte, con estratti dall'Anticristo di Nietchze (Legge contro il Cristianesimo in quarta di copertina). All'interno si alternavano racconti gotici e poesie esistenziali (P. Handke), articoli su gruppi, Virgin Prunes e Obsurity Age, che proponevano di un diverso approccio alla fabbrica della musica e articoli di estetica e arte. Decidemmo anche di allegare una cassetta con la registrazione di alcuni pezzi di Obscurity Age, registrata in sala prove con un risultato piuttosto discutibile ma in quel momento con ci facemmo troppi scrupoli da discografici.

Ci ponemmo nel panorama dei numeri unici fotocopiati con una prospettiva di continuità. Pensammo di organizzare e proporre concerti di gruppi sconosciuti che non avevano un palco su cui suonare, inervistarli, registrare K7, parlare di gruppi underground e sperimentali, trattare il disagio individuale e sociale. Tutto autofinanziato e senza ricavarci niente, forse è bene ricordarlo, visto che quel genere di missione oggi è estinta!

A volte mi viene da sorridere quando vedo Amen in vendita su e bay. Perchè penso che è un altro inevitabile segno della storicizzazione. Noi che stampavamo in copertina la fascetta NON PAGARE PIU' DI L. 1000, che applicavamo il prezzo imposto perchè la cultura è un diritto di tutti. Che non volevamo che i rivenditori speculassero su un bisogno primario: cultura e informazione. Diversa, altra, perchè di quella ufficiale e addomesticata che non rispondeva alle nostre esigenze né a quelle di molti altri.

Quale era il luogo di ritrovo “redazionale” ?

All'epoca di Fame facevamo grandi collette per cenare insieme da me (ero la prima ad avere un buco in affitto) poi con le collette avevamo finanziato il primo numero della fanza.

Con l'inizio di Amen il punto fermo restava il mio monolocale in affitto nella mitica casa di corte di Via Rismondo 117, l'indirizzo del contatto per Amen.

A quel recapito, nel corso di un decennio, la cassetta della posta dovette far fronte a buste pacchi pacchetti plichi stampe lettere k7 demo manifesti volantini dall'Italia e dall'Europa.

Dall'Olivetti lettera 22 passammo ad una macchina elettronica con testina a margherita con tre scelte di caratteri vero salto qualitativo! Ci esibivamo in calcoli sulla diagonale per ricavare le percentuali di ingrandimento o riduzione per le colonne da impaginare. E nero tanto inchiostro nero.

La signora dell'unica copisteria seria di Baggio ci dava appuntamento dopo la chiusura per lavorare in santa pace e non fare casino con le misure. La tipografia della Quarta Internazionale in Bovisa divenne una specie di seconda famiglia come lo era stata per Luca, il nostro supervisore finale, che ce l'aveva sotto casa e che era stata il suo punto di riferimento nelle sue prime scorribande politiche.

Per aggirare le leggi sulla stampa clandestina (gli anni di piombo e le leggi repressive erano ancora dietro l'angolo) era necessario uscire come 'supplemento' e quelli della Quarta si resero disponibili. Stampavano diverse riviste politiche e sociali tra le quali Fluttuaria e Nigrizia. Così ci diedero la possibilità di uscire come supplemento a Rivoluzione fornendoci anche il direttore responsabile, giornalista di Rivoluzione. Generalmente era Marcello Baraghini con Stampa Alternativa a fornire tali tutele.

Più avanti, intorno all'88 decidemmo di avviare tutta la faccenda per la registrazione della testata ma nel frattempo parecchie divergenze sul progetto sciolsero di fatto l'esperienza di Amen.

Cosa e “come” desideravate comunicare ? Nell’impostazione della rivista avevate modelli cui vi ispiravate (italiani o stranieri), oppure modelli negativi da cui ci tenevate a differenziarvi ?

Amen era Amen. Il nostro modello era il nostro progetto. La fanzina ha avuto una lunga crescita, una lunga evoluzione durata sei anni. I primi tre numeri furono una specie di messa a punto. Dalle sedici pagine del primo ogni numero raddoppiamo. La chiamammo la trilogia: Dio Patria Famiglia.

Avevamo iniziato come delle macchine da guerra, decisi a scrivere qualcosa dal taglio sociale artistico e politico, che nel panorama delle fanzine (che trattavano aspetti legati quasi esclusivamente all'ambito musicale) non c'era. In quel periodo, sto parlando del 1983, succedeva tutto senza che ci facessimo grandi domande, il fermento era enorme, l'energia pazzesca, un sacco di gente si metteva a suonare, a fare video, fotografia, arte, poesia. Noi stavamo facendo lo stesso, con un atteggiamento radicale utilizzando dei codici che arrivavano dalle nostre esperienze e dal punk. Non vedavamo di buon occhio il lato fashion e pop che stava producendo il postpunk. Volevamo fare da stimolo per riflettere, per pensare, per produrre antagonismo.

Milano si stava riorganizzando dopo gli anni del riflusso per diventare la città ProduciConsumaCrepa e noi volevamo che fosse chiaro che c'era chi ancora pensava in modo differente. Avevamo una impostazione politica ed esistenziale, ma cademmo nell'errore di catalogarci in modo improprio e di creare qualche fraintendimento. La dicitura Darkzine non mi piaceva affatto, ma seguendo l'impulso emotivo, Roberto aveva insistito perchè lo mettessimo. La scritta venne tolta dal secondo numero della trilogia Dio Patria Famiglia.

Dei e Anticristo, la Patria degli eserciti e dei confini, La morte della Famiglia,

Nel giro di qualche mese ci dissero che Amen era diventata una specie di simbolo di appartenenza, un punto di riferimento senza che lo avessimo previsto. Ci fece piacere sapere che il nostro messaggio era arrivato a destinazione, ma credo che le motivazioni del seguito fossero molteplici.

Quasi contemporaneamente all'uscita del primo numero avemmo l'idea di organizzare un concerto del gruppo che avevamo allegato in K7 ad Amen.

'Concerto per Anime Dilaniate' Obsurity Age il gruppo da proporre. Ma dove?

Il Leoncavallo era poco frequentato, più che altro da reduci degli anni '70, ci accorgemmo della sua sopravvivenza una sera passando con un'amica col pacco dei Fame da lasciare nello spazio libreria. Pensammo allora di chiedere in prestito, ad uno scettico e perplesso comitato d'occupazione, il salone del Leoncavallo, presentando il nostro progetto.

Ci concessero lo spazio e ci sbattemmo per trovare impianto voce e amplificazione, per i fare e attacchinare i manifesti, totalmente neri ed inquietanti.

L'affluenza andò oltre ogni aspettativa. Gli stessi del Leoncavallo, quando videro l'incredibile affluenza al primo 'Concerto per anime dilaniate' firmato Amen , si accorsero che in città qualcosa era cambiato e che tutta quella gente vestita di nero con creste e capelli cotonati, emaciati e truccatissimi rappresentava qualcosa! Noi stessi ci stupimmo nel vedere al primo concerto un migliaio di persone, una vera marea nera invadere il salone del Leoncavallo, che il comitato di gestione guardava con due occhi così pensando chissà da dove fosse spuntata tutta quella gente strana. Ci concessero il salone ancora quattro volte. Suonarono Viridanse, Obsurity Age, Weimar Gesang, Art of Waiting, The dead relatives, Nadja, Tasaday, Etant Donneé. Intanto aumentavano i contatti e gli scambi, conoscemmo sempre più persone. Stava nascendo il tessuto delle 'Creature Simili' che portò poi alla nascita di Helter Skelter (in uno spazio inutilizzato sul retro del Leoncavallo).

Inoltre, ha contribuito a darci l'autorevolezza che dici, il fatto che, a differenza delle decine di fanzine fotocopiate che nascevano e sparivano nel giro di un solo numero, Amen ha avuto continuità, non parlava solo ai fan dei gruppi in modo chiuso, ma l'aspetto intimista, emotivo, interlocutorio era probabilmente quello che molte persone aspettavano. Uno spazio di scambi, di confronto. Avevamo un progetto aperto ed avevamo, di fatto, creato un punto di contatto.

La distribuzione della pubblicazione come avveniva ?

Prevalentemente grazie alla 'distribuzione militante'. Durante i concerti al Leoncavallo prima e all'Helter Skelter poi, o in situazioni analoghe in altre città dove c'era sempre il banchetto delle autoproduzioni. Poi le librerie di movimento come la mitica Calusca di Primo Moroni ed altre affini. I negozi di musica che erano anche i luoghi degli incontri come Supporti Fonografici e Tape Art.

Un'altro canale che funzionava molto bene era quello della spedizione postale, grazie ad annunci pubblicati su riviste di musica o altre fanzine. E poi c'erano i cataloghi di distribuzione molto forniti e gestiti da persone notevoli. Poi col passare del tempo è diventato per alcuni un modo per svoltare e non si vedevano più arrivare i soldi delle copie vendute che erano fondamentali per proseguire nelle uscite.

Ovviamente lasciavamo una percentuale sul prezzo di copertina, ma per qualche farabutto dell'epoca evidentemente non bastava, né sapeva cosa fosse l'etica. Prendevano ogni genere di materiale che non pagavano mai. Intorno all'88 aveva iniziato a circolare una lista nera di personaggi inaffidabili che dovevano un sacco di soldi a un sacco di gente: al momento di saldare i debiti non si facevano trovare. Poi c'erano quelli che ti prendevano 500 copie e dopo qualche mese scoprivi che non le avevano mai portare fuori dal magazzino. Questo mi è successo nel '91 con InForme la splendida rivista di arte che ho fatto dopo Amen, naufragata sotto i colpi di questi sciacalli. Se fai una rivista e lo stronzo di turno col quale hai fatto il contratto non la distribuisce puoi solo aspettarlo sotto casa!

Ricordate eventi o situazioni che hanno lasciato emozioni singolari o che hanno alimentato riflessioni particolari ?

Ci sono stati molti avvenimenti ai quali abbiamo partecipato o che abbiamo organizzato. Gli anni della Milano da bere ci hanno impegnato molto. La contestazione al convegno sulle bande spettacolari giovanili fu sicuramente l'apice nella coesione dell'intero movimento punx anarchico e delle Creature Simili che sfociò in occupazioni, manifestazioni, assalti mentali e provocazioni mirate. Come quella con i sacchi di pezzi di ossa e brandelli di carne putrefatta alla sede della Union Carbide dopo la strage di Bhopal.

Lavoravamo tantissimo. Amen era una componente attiva dell grande collettivo politico che si formò partendo unicamente da dei bisogni. Così come dall'incontro casuale di quattro persone nacque Fame, nella stessa modalità Amen ebbe inizio, così, a caduta, da ogni azione ne scaturiva un'altra. Dalla frequentazione dei luoghi e dalla necessità di dare vita alle proprie energie in base a bisogni primari di aggregazione e cultura altre fanzine, gruppi musicali e piccoli collettivi, incontrandosi diedero vita alle Creature simili, all'Heltere Skelter che divenne il punto di riferimento delle Creature Simili, organizzammo dei concerti meravigliosi tra i tanti riuscimmo a fottere i Sonic YouthVirus dove ascoltare musica fuori dai circuiti ufficiali ed era musica strettamente punk e hard core. Milano era tagliata fuori dal circuito dei concerti, iniziava a muoversi qualcosa a stento e a caro prezzo. Abbiamo riempito uno spazio vuoto e ci siamo accorti che la gente non aspettava altro che aveve punti di ritrovo e di aggregazione dove parlare lo stesso linguaggio anche attraverso la sua musica fortemente identitaria.
all'organizzazione ufficiale e tenemmo il concerto nel salone del Leoncavallo. Il lavoro di grafica stampa e attacchinaggio dei manifesti, la preparazione dei concerti, i contatti con i services per mixer e amplificazione, le riunioni con il gruppo delle 'Creature Simili' ci prendevano a tempo pieno. E' bene ricordare che nell'82 di fatto a Milano esisteva solo il

Avevate rapporti significativi con altre situazioni simili in altre zone d’Italia? Si erano create delle sinergie ? C’era comunicazione con i lettori ? Che tipo di comunicazione ?

Nacque la rete di Punkaminazione. Il tentativo di collegare su rete nazionale le varie realtà nazionali. Il primo numero uscì nell'83(?) da un incontro nazionale al Cassero a Bologna nell'82. La redazione itinerante, avrebbe toccato una città ad uscita. Parteciparono realtà punx e antagoniste da Bari ad Aosta.

Sono state molte le collaborazioni tra fanzine. Ci scambiammo contatti e materiali. Sono nate belle collaborazioni, fra le quali ricordo con piacere Trance di Pisa, Trax di Vittore Baroni, il progetto di Marco Farano a Torino, Perfido Inganno/Incanto con Francesco Thaiss Niglio.

Per quello che riguarda i rapporti con i lettori ho già detto della casseta della posta che straripava. Rispondevamo a tutti e tenevamo l'archivio della corrispondenza che ad un certo punto è scomparso, probabilmente disperso in un trasloco o in un passaggio dei faldoni in cantina. Sigh!

Arrivarono molte cose: alcune interessanti, tanti demo, racconti, disegni, articoli, poesie, e … molti sfoghi adolescenziali.

Che importanza aveva nella vostra vita la musica (quale musica?), la poesia (quale poesia?), la letteratura (quale letteratura?), il cinema (quale cinema)? …. o qualunque altra espressione artistica ?

La musica ha sempre avuto un ruolo fondamentale. La componente rivoluzionaria del punk era che chiunque poteva mettersi a suonare e fare musica. Allo stesso tempo per Amen valeva il fatto che la musica andava fatta prodotta e fruita fuori dalle regole dell'industria musicale. Dal primo numero decidemmo di allegare una cassetta c60. Gianna cantava con Obscurity Age e Fabrizio, il chitarrista, aveva scritto un articolo sui Virgin Prunes.

Continuammo ad allegare cassette con un gruppo per lato ad ogni numero, fino al quarto quando di cassette ne mettemmo due. In allegato c'era un booklet 'Chant d'amour' sulla scena francese e la seconda cassetta riguardava loro. Avevamo conosciuto Alain Basso tramite il Perfido Inganno di Francesco Thaiss Niglio diventato anche collaboratore di Amen.

Successivamente inaugurammo il progetto multimediale THX1138 e pubblicammo FAR, Flux of Fluster, MGZ in vinile. Poi pensammo ad una raccolta di racconti e facemmo uscire Asfalti al neon, un libro contenuto nella custodia di una videocassetta. Confezione spettacolare! Decidemmo di articolare il progetto come multimediale, toccando tutti gli aspetti che potevamo. La nostra caratterizzazione era ideale, politica ed estetica. Non concepivamo l'idea di riempire una rivista di pubblicità, doveva e poteva autofinanziarsi da sola ed avevamo dimostrato che era possibile. Forse ci abbiamo messo dentro di volta in volta cose per alcune persone discutibili, per altre ingenue, per alcune geniali, ma credevamo che fosse possibile comunicare con i mezzi che abbiamo usato senza speculazioni, solo con la forza e la potenza della creatività e dell'intelligenza collettiva. Senza chiedere mai.

Quanto era viva l’attenzione verso la politica istituzionale, ufficiale ?

Decisamente spenta. Del resto quando alcuni sociologi provarono ad organizzare un convegno sulle bande giovanili successe un casino inimmaginabile, che si concluse con l'occupazione del Teatro di Porta Romana, dove doveva svolgersi il convegno. Non ci interessava avere contatti o rapporti con quello che ci ripugnava, che rappresentava il modello da combattere (la faccenda non è mai cambiata!). Alla cultura ufficiale del grande fratello, al controllo sociale attraverso l'addomesticamento delle istanze culturali, attraverso il pensiero unico, massificato, dedicammo gran parte del secondo numero 'Patria' nel 1984.

Era d'obbligo non si parlava d'altro! Era il 1984! L'anno orwelliano.

Hai collaborato ad altre iniziative editoriali e artistiche negli anni successivi?

Ho già accennato agli scambi con altri progetti editoriali, cosa che è continuata per diverso tempo. Una volta esaurita la mia esperienza in Amen nel 1989 uscì il primo numero di InForme nel 1989. Era una bellissima rivista d'arte e rivoluzione, dove gli artisti potevano parlare da sé, di sé, senza la mediazione di critici o galleristi. Liberi di parlare della propria arte e dei propri progettti. Tramite il circuito dell'Arte Postale raccolsi contatti tra Giappone, Australia, Polonia, URSS, USA, Messico, Argentina, DDR fu un'esperienza bellissima, destinata a diventare un punto di riferimento nel panorama artistico alternativo. Quello che per circa un decennio si era fatto con la musica si poteva fare anche nel mondo delle arti figurative. Inoltre la tecnologia permetteva di fare tutto il lavoro direttamente sul monitor del computer. Il numero zero fu entusiasmante, il numero 1bellissimo, il numero 2 è ancora in un file. Sarebbe stato meraviglioso. Ma non uscì mai, perchè il distributore incaricato della distribuzione del numero 1 al centro/nord in realtà non distribuì affatto la rivista.

Alla fine degli anni '80 la realtà era profondamente mutata. Il circuito della distribuzione alternativa si era ridotto molto. Nelle librerie difficilmente tevevano in 'conto vendita' se non si era appoggiati da strutture ufficiali diventava tutto più difficile. Sentivo sempre più spesso parlare di fatturazione e contratti.

Lo squalo che con superficialità non mosse mille numeri della rivista dal magazzino, di fatto decretò l fine di quello splendido progetto. Nelle librerie in cui arrivò venne acquistata immediatamente. Ricevetti diverse entusiasmanti lettere di consenso.

Per le mie finanze fu una tragedia. Era più il tempo che non lavoravo e quando lavoravo erano solo lavori in nero e mal pagati. Speravo che così come successo per Amen, ogni numero coprisse le spese e servisse ad anticipare quelle necessarie al numero seguente. Il leggero equilibrio non resse sotto il peso del mondo dei pescecani e nel 1992 tutto finì.

Hai mantenuto rapporti con i tuoi vecchi collaboratori ?

Ognuno ha preso strade e percorsi diversi. Sono passati un sacco di anni. In mezzo ci sono le vite di tutti. I sogni realizzati, i desideri spenti, il coraggio di vivere, gli anni nuovi, la tecnologia e l'atrofia della fantasia, il mondo che sarà … a volte ci si rincontra, molto spesso ci si è persi.

Cosa ti manca di quegli anni ?

La grande energia creativa e l'estremo spontaneismo. L'incazzatura e l'inquietudine esistenziale che faceva muovere tutto.

Cosa ritrovi nella società attuale dei fermenti giovanili e della sensibilità socio-politico-culturale che caratterizzava quegli anni ?

Domanda di riserva? E' una domanda che non ha risposta. Sono passati più di trentant'anni che hanno visto lentamente le tecnologie divorare il mondo. Per quanto l'accelerazione verso il futuro nei modi di comunicare sia stata decisamente più lenta e meno traumatica rispetto a quella che ha caratterizzato le generazioni che hanno vissuto a cavallo degli anni '60, le modalità di socializzare esperienze sono profondamente modificate. La tecnologia a disposizione delle masse avrebbe potuto produrre effetti straordinari, ma la facilità nella diffusione tramite la rete delle più svariate forme di comunicazione non ha corrisposto ad una esplosione di forme non alienate. Potrà sembrare obsoleto citare McLuhan ma ogni tanto andrebbe riletto.

La società parcellizzata di cui scrivevamo sul numero 1 di Amen: “L'atomizzazione e la parcellizzazione (anche sui posti di lavoro), fanno parte di un complesso meccanismo sociale tendente a portare l'individuo all'isolamento, a viversi le sue storie e a soddisfare i suoi interessi.(...) Ed è in questa situazione di completa caduta dei valori, di sfiducia verso gli ideali e le grandi lotte, di crisi di identità collettiva, che si colloca la presenza delle sottoculture...” si è sempre più frammentata riproducendo sempre gli stessi modelli di illusione di libertà adesso anche attraverso la tecnologia.

Per fortuna, come sempre, restano coloro che ancora si ribellano.