Amen. This is religgion
Angela Valcavi ha puntualmente risposto alla mia
richiesta di informazioni e la ringrazio moltissimo per la sua
disponibilità, serietà e gentilezza.
Quando e dove nacque l’idea di creare la pubblicazione
? CHI erano le persone in essa coinvolte? Quali le loro attitudini
politico-culturali
Amen è stata una non fanzine nel panorama delle fanze.
Una rivista alternativa dopo la scomparsa dei fogli di movimento. Un
diario aperto sulla coscienza. Una ferita, una provocazione,
un'occasione di scambio, di confronto e di dibattito.
Sulle pagine di Amen non si parlava solo di musica. Lo
facevamo su poche pagine dedicate, prima c'era altro da trattare.
Nei primi anni ottanta fare una fanzina era la cosa più
semplice del mondo. Ne uscivano in continuazione. Numeri unici, chi
faceva un paio di uscite e spariva, chi invece è diventato un punto di
riferimento nel panorama culturale e musicale underground.
Tutto rigorosamente frutto di collette e di parte dello
stipendio dei 'fortunati' che lavoravano. In fondo, materialmente, non
occorreva un granchè: carta, macchina da scrivere, fotocopiatrice e
qualche liretta.
Amen è nata per caso.
Mentre cercavo di vendere le ultime copie di Fame
con Vincillo in un caldo giorno di luglio.
Concerto (forse) degli Indigesti alla casa occupata di
via Cadore a Milano. L'esperienza di Fame era praticamente conclusa
dopo l'uscita del secondo numero e sulla promessa del terzo, per
divergenze sui contenuti, frutto di una scissione sui contenuti
politico, satirico e underground.
L'incontro con Roberto, che era affascinato alle fanzine
come mezzo espressivo, e Gianna che cantava con Obscurity Age,
in quel caldo giorno d'estate fu l'inizio.
Iniziammo a frequentarci e a parlare del progetto di una
nuova fanzina. Discutemmo molto sui contenuti, che volevamo forti, di
rottura, dirompenti, un pugno nello stomaco al perbenismo e alla
società borghese, dal connotato marcatamente anticlericale, dal sapore
oscuro del postpunk, esistenziale, nichilista e ad ottobre, sulla scia
degli eventi che si susseguivano alla velocità della luce, eravamo
pronti a dare alle stampe la fanzina. Arrivammo al primo
numero con poche certezze ma sufficienti a proporre sedici pagine
annegate nell'inchiostro nero dove il bianco emergeva sotto forma di
teschi, figure inquietanti, incisioni di Gustave Dorè e disegni di
Aubrey Beardsley.
Nel giro di due mesi il primo numero era fatto. Stampato
come lo era stata Fame. Sedici pagine. Il primo Amen arrivò tra le
fanzine nell'autunno dell'83, oltre che con un nome già particolare,
con una copertina (per pura coincidenza con la stessa immagine della
copertina di Evil Metal di Death SS) decisamente forte, con estratti
dall'Anticristo di Nietchze (Legge contro il Cristianesimo in
quarta di copertina). All'interno si alternavano racconti gotici e
poesie esistenziali (P. Handke), articoli su gruppi, Virgin Prunes e
Obsurity Age, che proponevano di un diverso approccio alla fabbrica
della musica e articoli di estetica e arte. Decidemmo anche di allegare
una cassetta con la registrazione di alcuni pezzi di Obscurity Age,
registrata in sala prove con un risultato piuttosto discutibile ma in
quel momento con ci facemmo troppi scrupoli da discografici.
Ci ponemmo nel panorama dei numeri unici fotocopiati con
una prospettiva di continuità. Pensammo di organizzare e proporre
concerti di gruppi sconosciuti che non avevano un palco su cui suonare,
inervistarli, registrare K7, parlare di gruppi underground e
sperimentali, trattare il disagio individuale e sociale. Tutto
autofinanziato e senza ricavarci niente, forse è bene ricordarlo, visto
che quel genere di missione oggi è estinta!
A volte mi viene da sorridere quando vedo Amen
in vendita su e bay. Perchè penso che è un altro inevitabile segno
della storicizzazione. Noi che stampavamo in copertina la fascetta NON
PAGARE PIU' DI L. 1000, che applicavamo il prezzo imposto perchè la
cultura è un diritto di tutti. Che non volevamo che i rivenditori
speculassero su un bisogno primario: cultura e informazione. Diversa,
altra, perchè di quella ufficiale e addomesticata che non rispondeva
alle nostre esigenze né a quelle di molti altri.
Quale era il luogo di ritrovo “redazionale” ?
All'epoca di Fame facevamo grandi
collette per cenare insieme da me (ero la prima ad avere un buco in
affitto) poi con le collette avevamo finanziato il primo numero della
fanza.
Con l'inizio di Amen il punto fermo
restava il mio monolocale in affitto nella mitica casa di corte di Via
Rismondo 117, l'indirizzo del contatto per Amen.
A quel recapito, nel corso di un decennio, la cassetta
della posta dovette far fronte a buste pacchi pacchetti plichi stampe
lettere k7 demo manifesti volantini dall'Italia e dall'Europa.
Dall'Olivetti lettera 22 passammo ad una macchina
elettronica con testina a margherita con tre scelte di caratteri vero
salto qualitativo! Ci esibivamo in calcoli sulla diagonale per ricavare
le percentuali di ingrandimento o riduzione per le colonne da
impaginare. E nero tanto inchiostro nero.
La signora dell'unica copisteria seria di Baggio ci dava
appuntamento dopo la chiusura per lavorare in santa pace e non fare
casino con le misure. La tipografia della Quarta Internazionale
in Bovisa divenne una specie di seconda famiglia come lo era stata per
Luca, il nostro supervisore finale, che ce l'aveva sotto casa e che era
stata il suo punto di riferimento nelle sue prime scorribande
politiche.
Per aggirare le leggi sulla stampa clandestina (gli anni
di piombo e le leggi repressive erano ancora dietro l'angolo) era
necessario uscire come 'supplemento' e quelli della Quarta si
resero disponibili. Stampavano diverse riviste politiche e sociali tra
le quali Fluttuaria e Nigrizia. Così ci diedero la
possibilità di uscire come supplemento a Rivoluzione
fornendoci anche il direttore responsabile, giornalista di Rivoluzione.
Generalmente era Marcello Baraghini con Stampa Alternativa a fornire
tali tutele.
Più avanti, intorno all'88 decidemmo di avviare tutta la
faccenda per la registrazione della testata ma nel frattempo parecchie
divergenze sul progetto sciolsero di fatto l'esperienza di Amen.
Cosa e “come” desideravate comunicare ?
Nell’impostazione della rivista avevate modelli cui vi ispiravate
(italiani o stranieri), oppure modelli negativi da cui ci tenevate a
differenziarvi ?
Amen era Amen. Il nostro modello era il nostro progetto.
La fanzina ha avuto una lunga crescita, una lunga evoluzione durata sei
anni. I primi tre numeri furono una specie di messa a punto. Dalle
sedici pagine del primo ogni numero raddoppiamo. La chiamammo la
trilogia: Dio Patria Famiglia.
Avevamo iniziato come delle macchine da guerra, decisi a
scrivere qualcosa dal taglio sociale artistico e politico, che nel
panorama delle fanzine (che trattavano aspetti legati quasi
esclusivamente all'ambito musicale) non c'era. In quel periodo, sto
parlando del 1983, succedeva tutto senza che ci facessimo grandi
domande, il fermento era enorme, l'energia pazzesca, un sacco di gente
si metteva a suonare, a fare video, fotografia, arte, poesia. Noi
stavamo facendo lo stesso, con un atteggiamento radicale utilizzando
dei codici che arrivavano dalle nostre esperienze e dal punk. Non
vedavamo di buon occhio il lato fashion e pop che stava producendo il
postpunk. Volevamo fare da stimolo per riflettere, per pensare, per
produrre antagonismo.
Milano si stava riorganizzando dopo gli anni del
riflusso per diventare la città ProduciConsumaCrepa e noi
volevamo che fosse chiaro che c'era chi ancora pensava in modo
differente. Avevamo una impostazione politica ed esistenziale, ma
cademmo nell'errore di catalogarci in modo improprio e di creare
qualche fraintendimento. La dicitura Darkzine non mi piaceva affatto,
ma seguendo l'impulso emotivo, Roberto aveva insistito perchè lo
mettessimo. La scritta venne tolta dal secondo numero della trilogia
Dio Patria Famiglia.
Dei e Anticristo, la Patria degli eserciti e dei
confini, La morte della Famiglia,
Nel giro di qualche mese ci dissero che Amen era
diventata una specie di simbolo di appartenenza, un punto di
riferimento senza che lo avessimo previsto. Ci fece piacere sapere che
il nostro messaggio era arrivato a destinazione, ma credo che le
motivazioni del seguito fossero molteplici.
Quasi contemporaneamente all'uscita del primo numero
avemmo l'idea di organizzare un concerto del gruppo che avevamo
allegato in K7 ad Amen.
'Concerto per Anime Dilaniate' Obsurity Age
il gruppo da proporre. Ma dove?
Il Leoncavallo era poco frequentato, più che altro da
reduci degli anni '70, ci accorgemmo della sua sopravvivenza una sera
passando con un'amica col pacco dei Fame da lasciare nello spazio
libreria. Pensammo allora di chiedere in prestito, ad uno scettico e
perplesso comitato d'occupazione, il salone del Leoncavallo,
presentando il nostro progetto.
Ci concessero lo spazio e ci sbattemmo per trovare
impianto voce e amplificazione, per i fare e attacchinare i manifesti,
totalmente neri ed inquietanti.
L'affluenza andò oltre ogni aspettativa. Gli stessi del
Leoncavallo, quando videro l'incredibile affluenza al primo
'Concerto per anime dilaniate' firmato Amen , si accorsero che in
città qualcosa era cambiato e che tutta quella gente vestita di nero
con creste e capelli cotonati, emaciati e truccatissimi rappresentava
qualcosa! Noi stessi ci stupimmo nel vedere al primo concerto un
migliaio di persone, una vera marea nera invadere il salone del
Leoncavallo, che il comitato di gestione guardava con due occhi così
pensando chissà da dove fosse spuntata tutta quella gente strana. Ci
concessero il salone ancora quattro volte. Suonarono Viridanse,
Obsurity Age, Weimar Gesang, Art of Waiting, The dead relatives, Nadja,
Tasaday, Etant Donneé. Intanto aumentavano i contatti e gli
scambi, conoscemmo sempre più persone. Stava nascendo il tessuto delle 'Creature
Simili' che portò poi alla nascita di Helter Skelter
(in uno spazio inutilizzato sul retro del Leoncavallo).
Inoltre, ha contribuito a darci l'autorevolezza che
dici, il fatto che, a differenza delle decine di fanzine fotocopiate
che nascevano e sparivano nel giro di un solo numero, Amen ha avuto
continuità, non parlava solo ai fan dei gruppi in modo
chiuso, ma l'aspetto intimista, emotivo, interlocutorio era
probabilmente quello che molte persone aspettavano. Uno spazio di
scambi, di confronto. Avevamo un progetto aperto ed avevamo, di fatto,
creato un punto di contatto.
La distribuzione della pubblicazione come avveniva ?
Prevalentemente grazie alla 'distribuzione militante'.
Durante i concerti al Leoncavallo prima e all'Helter Skelter poi, o in
situazioni analoghe in altre città dove c'era sempre il banchetto delle
autoproduzioni. Poi le librerie di movimento come la mitica Calusca di
Primo Moroni ed altre affini. I negozi di musica che erano anche i
luoghi degli incontri come Supporti Fonografici e Tape Art.
Un'altro canale che funzionava molto bene era quello
della spedizione postale, grazie ad annunci pubblicati su riviste di
musica o altre fanzine. E poi c'erano i cataloghi di distribuzione
molto forniti e gestiti da persone notevoli. Poi col passare del tempo
è diventato per alcuni un modo per svoltare e non si vedevano più
arrivare i soldi delle copie vendute che erano fondamentali per
proseguire nelle uscite.
Ovviamente lasciavamo una percentuale sul prezzo di
copertina, ma per qualche farabutto dell'epoca evidentemente non
bastava, né sapeva cosa fosse l'etica. Prendevano ogni genere di
materiale che non pagavano mai. Intorno all'88 aveva iniziato a
circolare una lista nera di personaggi inaffidabili che dovevano un
sacco di soldi a un sacco di gente: al momento di saldare i debiti non
si facevano trovare. Poi c'erano quelli che ti prendevano 500 copie e
dopo qualche mese scoprivi che non le avevano mai portare fuori dal
magazzino. Questo mi è successo nel '91 con InForme
la splendida rivista di arte che ho fatto dopo Amen, naufragata sotto i
colpi di questi sciacalli. Se fai una rivista e lo stronzo di turno col
quale hai fatto il contratto non la distribuisce puoi solo aspettarlo
sotto casa!
Ricordate eventi o situazioni che hanno lasciato
emozioni singolari o che hanno alimentato riflessioni particolari ?
Ci sono stati molti avvenimenti ai quali abbiamo
partecipato o che abbiamo organizzato. Gli anni della Milano da bere ci
hanno impegnato molto. La contestazione al convegno sulle bande
spettacolari giovanili fu sicuramente l'apice nella coesione
dell'intero movimento punx anarchico e delle Creature Simili che
sfociò in occupazioni, manifestazioni, assalti mentali e provocazioni
mirate. Come quella con i sacchi di pezzi di ossa e brandelli di carne
putrefatta alla sede della Union Carbide dopo la strage di Bhopal.
Lavoravamo tantissimo. Amen era una componente attiva
dell grande collettivo politico che si formò partendo unicamente da dei
bisogni. Così come dall'incontro casuale di quattro persone nacque
Fame, nella stessa modalità Amen ebbe inizio, così, a caduta, da ogni
azione ne scaturiva un'altra. Dalla frequentazione dei luoghi e dalla
necessità di dare vita alle proprie energie in base a bisogni primari
di aggregazione e cultura altre fanzine, gruppi musicali e piccoli
collettivi, incontrandosi diedero vita alle Creature simili,
all'Heltere Skelter che divenne il punto di
riferimento delle Creature Simili, organizzammo dei concerti
meravigliosi tra i tanti riuscimmo a fottere i Sonic YouthVirus dove ascoltare
musica fuori dai circuiti ufficiali ed era musica strettamente punk e
hard core. Milano era tagliata fuori dal circuito dei concerti,
iniziava a muoversi qualcosa a stento e a caro prezzo. Abbiamo riempito
uno spazio vuoto e ci siamo accorti che la gente non aspettava altro
che aveve punti di ritrovo e di aggregazione dove parlare lo stesso
linguaggio anche attraverso la sua musica fortemente identitaria.
all'organizzazione ufficiale e tenemmo il concerto nel salone del
Leoncavallo. Il lavoro di grafica stampa e attacchinaggio dei
manifesti, la preparazione dei concerti, i contatti con i services per
mixer e amplificazione, le riunioni con il gruppo delle 'Creature
Simili' ci prendevano a tempo pieno. E' bene ricordare che nell'82 di
fatto a Milano esisteva solo il
Avevate rapporti significativi con altre situazioni
simili in altre zone d’Italia? Si erano create delle sinergie ? C’era
comunicazione con i lettori ? Che tipo di comunicazione ?
Nacque la rete di Punkaminazione. Il tentativo di
collegare su rete nazionale le varie realtà nazionali. Il primo numero
uscì nell'83(?) da un incontro nazionale al Cassero a Bologna nell'82.
La redazione itinerante, avrebbe toccato una città ad uscita.
Parteciparono realtà punx e antagoniste da Bari ad Aosta.
Sono state molte le collaborazioni tra fanzine. Ci
scambiammo contatti e materiali. Sono nate belle collaborazioni, fra le
quali ricordo con piacere Trance di Pisa, Trax di Vittore Baroni, il
progetto di Marco Farano a Torino, Perfido Inganno/Incanto con
Francesco Thaiss Niglio.
Per quello che riguarda i rapporti con i lettori ho già
detto della casseta della posta che straripava. Rispondevamo a tutti e
tenevamo l'archivio della corrispondenza che ad un certo punto è
scomparso, probabilmente disperso in un trasloco o in un passaggio dei
faldoni in cantina. Sigh!
Arrivarono molte cose: alcune interessanti, tanti demo,
racconti, disegni, articoli, poesie, e … molti sfoghi adolescenziali.
Che importanza aveva nella vostra vita la musica
(quale musica?), la poesia (quale poesia?), la letteratura (quale
letteratura?), il cinema (quale cinema)? …. o qualunque altra
espressione artistica ?
La musica ha sempre avuto un ruolo fondamentale. La
componente rivoluzionaria del punk era che chiunque poteva mettersi a
suonare e fare musica. Allo stesso tempo per Amen valeva il fatto che
la musica andava fatta prodotta e fruita fuori dalle regole
dell'industria musicale. Dal primo numero decidemmo di allegare una
cassetta c60. Gianna cantava con Obscurity Age e Fabrizio, il
chitarrista, aveva scritto un articolo sui Virgin Prunes.
Continuammo ad allegare cassette con un gruppo per lato
ad ogni numero, fino al quarto quando di cassette ne mettemmo due. In allegato c'era un
booklet 'Chant d'amour' sulla scena francese e la seconda
cassetta riguardava loro. Avevamo conosciuto Alain Basso tramite il
Perfido Inganno di Francesco Thaiss Niglio diventato anche
collaboratore di Amen.
Successivamente inaugurammo il progetto multimediale THX1138
e pubblicammo FAR, Flux of Fluster, MGZ in vinile.
Poi pensammo ad una raccolta di racconti e facemmo uscire Asfalti
al neon, un libro contenuto nella custodia di una
videocassetta. Confezione spettacolare! Decidemmo di articolare il
progetto come multimediale, toccando tutti gli aspetti che potevamo. La
nostra caratterizzazione era ideale, politica ed estetica. Non
concepivamo l'idea di riempire una rivista di pubblicità, doveva e
poteva autofinanziarsi da sola ed avevamo dimostrato che era possibile.
Forse ci abbiamo messo dentro di volta in volta cose per alcune persone
discutibili, per altre ingenue, per alcune geniali, ma credevamo che
fosse possibile comunicare con i mezzi che abbiamo usato senza
speculazioni, solo con la forza e la potenza della creatività e
dell'intelligenza collettiva. Senza chiedere mai.
Quanto era viva l’attenzione verso la politica
istituzionale, ufficiale ?
Decisamente spenta. Del resto quando alcuni sociologi
provarono ad organizzare un convegno sulle bande giovanili successe un
casino inimmaginabile, che si concluse con l'occupazione del Teatro di
Porta Romana, dove doveva svolgersi il convegno. Non ci interessava
avere contatti o rapporti con quello che ci ripugnava, che
rappresentava il modello da combattere (la faccenda non è mai
cambiata!). Alla cultura ufficiale del grande fratello, al
controllo sociale attraverso l'addomesticamento delle istanze
culturali, attraverso il pensiero unico, massificato, dedicammo gran
parte del secondo numero 'Patria' nel 1984.
Era d'obbligo non si parlava d'altro! Era il 1984!
L'anno orwelliano.
Hai collaborato ad altre iniziative editoriali e
artistiche negli anni successivi?
Ho già accennato agli scambi con altri progetti
editoriali, cosa che è continuata per diverso tempo. Una volta esaurita
la mia esperienza in Amen nel 1989 uscì il primo numero di InForme
nel 1989. Era una bellissima rivista d'arte e
rivoluzione, dove gli artisti potevano parlare da sé, di sé, senza la
mediazione di critici o galleristi. Liberi di parlare della propria
arte e dei propri progettti. Tramite il circuito dell'Arte Postale
raccolsi contatti tra Giappone, Australia, Polonia, URSS, USA, Messico,
Argentina, DDR fu un'esperienza bellissima, destinata a diventare un
punto di riferimento nel panorama artistico alternativo. Quello che per
circa un decennio si era fatto con la musica si poteva fare anche nel
mondo delle arti figurative. Inoltre la tecnologia permetteva di fare
tutto il lavoro direttamente sul monitor del computer. Il numero zero
fu entusiasmante, il numero 1bellissimo, il numero 2 è ancora in un
file. Sarebbe stato meraviglioso. Ma non uscì mai, perchè il
distributore incaricato della distribuzione del numero 1 al centro/nord
in realtà non distribuì affatto la rivista.
Alla fine degli anni '80 la realtà era profondamente
mutata. Il circuito della distribuzione alternativa si era ridotto
molto. Nelle librerie difficilmente tevevano in 'conto vendita' se non
si era appoggiati da strutture ufficiali diventava tutto più difficile.
Sentivo sempre più spesso parlare di fatturazione e contratti.
Lo squalo che con superficialità non mosse mille numeri
della rivista dal magazzino, di fatto decretò l fine di quello
splendido progetto. Nelle librerie in cui arrivò venne acquistata
immediatamente. Ricevetti diverse entusiasmanti lettere di consenso.
Per le mie finanze fu una tragedia. Era più il tempo che
non lavoravo e quando lavoravo erano solo lavori in nero e mal pagati.
Speravo che così come successo per Amen, ogni numero coprisse le spese
e servisse ad anticipare quelle necessarie al numero seguente. Il
leggero equilibrio non resse sotto il peso del mondo dei pescecani e
nel 1992 tutto finì.
Hai mantenuto rapporti con i tuoi vecchi
collaboratori ?
Ognuno ha preso strade e percorsi diversi. Sono passati
un sacco di anni. In mezzo ci sono le vite di tutti. I sogni
realizzati, i desideri spenti, il coraggio di vivere, gli anni nuovi,
la tecnologia e l'atrofia della fantasia, il mondo che sarà … a volte
ci si rincontra, molto spesso ci si è persi.
Cosa ti manca di quegli anni ?
La grande energia creativa e l'estremo spontaneismo.
L'incazzatura e l'inquietudine esistenziale che faceva muovere tutto.
Cosa ritrovi nella società attuale dei fermenti
giovanili e della sensibilità socio-politico-culturale che
caratterizzava quegli anni ?
Domanda di riserva? E' una domanda che non ha risposta.
Sono passati più di trentant'anni che hanno visto lentamente le
tecnologie divorare il mondo. Per quanto l'accelerazione verso il
futuro nei modi di comunicare sia stata decisamente più lenta e meno
traumatica rispetto a quella che ha caratterizzato le generazioni che
hanno vissuto a cavallo degli anni '60, le modalità di socializzare
esperienze sono profondamente modificate. La tecnologia a disposizione
delle masse avrebbe potuto produrre effetti straordinari, ma la
facilità nella diffusione tramite la rete delle più svariate forme di
comunicazione non ha corrisposto ad una esplosione di forme non
alienate. Potrà sembrare obsoleto citare McLuhan ma ogni tanto andrebbe
riletto.
La società parcellizzata di cui scrivevamo sul numero 1
di Amen: “L'atomizzazione e la parcellizzazione (anche sui posti di
lavoro), fanno parte di un complesso meccanismo sociale tendente a
portare l'individuo all'isolamento, a viversi le sue storie e a
soddisfare i suoi interessi.(...) Ed è in questa situazione di completa
caduta dei valori, di sfiducia verso gli ideali e le grandi lotte, di
crisi di identità collettiva, che si colloca la presenza delle
sottoculture...” si è sempre più frammentata riproducendo sempre
gli stessi modelli di illusione di libertà adesso anche attraverso la
tecnologia.
Per fortuna, come sempre, restano coloro che ancora si
ribellano.
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