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Crash
Il racconto di seguito riportato,
dal titolo "Sfondiamo la porta: CRASH!" è tratto dal libro "Tutto ebbe
inizio..." l'autobiografia a due mani di Franco Piri Focardi e Claudio
Fusai, e racconta la nascita e l'evoluzione della fanzine Crash.
Rignano sull'Arno. Pubblicata dal 1983 al 1990 per un totale di 17 numeri.
"Arrivò
Claudio, che al solito mi buttò l'esca ed io abboccai, (non ho mai avuto problemi ad innescare con
Franco nuovi viaggi immaginari, nuove avventure da percorrere a cuore
aperto)
anche perchè mi colse in una fase di totale
rinnovamento, avevo da poco chiuso il tentativo di fare il
pittore/pittore con uno svuotamento pauroso, ormai sulle pareti della
mia stanza campeggiavano solo tele bianche, ed anche tutte le altre
immagini erano coperte da fogli bianchi, avevo tolto di mezzo i
pennelli e chiuso in cassetta i tubetti dei colori; questa volta si
trattava di ripartire con una rivistina un po' folle, messa da parte
l'esperienza de "La Raccolta", forse troppo pretenziosa negli
obbiettivi che alcuni personaggi si prefiggevano di raggiungere e che
cozzavano con i nostri. Adesso saremmo partiti con poche pagine, poche
copie, preparate e prodotte totalmente da noi. Disegnai la copertina
del numero 000, bisognava scrollarsi di dosso la storia di
Musicartigiana con tutti i suoi strascichi, quindi cosa di meglio di
una porta con quel vecchio nome che veniva schiantata con un enorme
CRASH? Claudio sfornò il suo primo retrocopertina folgorante, ed il
resto delle pagine si riempì di nostri interventi finalmente liberi di
raccattare anche dal ciarpame che ci inondava; ritagli, colla e
fantasia era tutto quello che ci occorreva. Ancora oggi, alle volte,
nonostante il computer!?! Siglammo tutto con un'incisione tratta da un'
enciclopedia di fine ottocento, firmandoci The aborigenous, in tempi
ancora non sospetti e finalmente chiudemmo con la commedia del
"supplemento a..." eravamo noi i Direttori Responsabili ...molto
irresponsabili! Ma in quei primi anni '80 anche una piccola assunzione
di responsabilità come quella era gia una conquista! (Poveri noi, che
tempi!!!). Bastarono pochi numeri per ritrovarci pieni di
collaboratori, e con le copie che crescevano di numero in numero.
Quando ci arrivò una richiesta di abbonamento da Pantelleria, fummo
certi di aver oltrepassato tutti i confini possibili ed immaginabili.
II nostro stampatore, la tiratura era arrivata a 200/250 copie, era
Cesare in piazza San Marco, possedeva una stampatrice offset in un buio
scantinato del retro negozio, dove regnava una confusione paurosa,
eppure escluso qualche errore e notevoli ritardi, il lavoro risultava
soddisfacente.
Da ogni parte d' Italia, poi anche dall'estero, ci giungevano articoli,
disegni, foto, libri, demo, dischi (dall'Islanda ci arrivo un LP dei
K.u.k.l. un gruppo cupo e sconosciuto, dove cantava una, allora
sconosciuta Bjork) riviste e fanzine di altri gruppi che come noi
cercavano di dar voce ad un movimento che pareva morto. In realtà molte
persone, dopo il pesante attraversamento della fine degli anni '70,
stavano preparando un loro ritorno sulla scena.
Un
giorno dalla finestra mio padre vide un personaggio camminare scalzo,
vestito di arancione con capelli lunghi e folti: - Questo viene
sicuramente a trovare te! - disse. Era Gino Sansone, arrivava da
Napoli, e si era da poco convertito al buddismo ma io non lo sapevo. Mi
aveva scritto e mandato disegni surreali e poesie che avevamo
pubblicato su La raccolta e poi su Crash, le sue lettere erano sempre
gentili, fu un incontro di parole e di spiriti rimasto intatto nei miei
ricordi: uno di quegli incontri che avrei potuto immaginare con Allen
Ginsberg sulle rive del Gange o nel bianco silenzio delle nuvole. In
questo periodo entrai in contatto con gli Artisti Postali. Usavano i
nostri stessi canali ed in breve ci incrociammo. Era un mondo
febbricitante di attività con collegamenti estesi su tutto il globo ed
erano artisti o semplici individui che si esprimevano con le stesse
tecniche e gli stessi linguaggi; come noi mischiavano tutto, non
esistevano correnti o mezzi da non usare o temi da non trattare, la
poesia visiva, la parola, la fotocopia, il collage visivo e sonoro,
tutto andava bene pur di dare corpo all'idea: un'idea diversa dell'arte
in generale, finalmente ricondotta all'esperienza creativa, alla
comunicazione, distante dalla mercificazione e quindi capace di
costruire legami d'amicizia: l'unico problema per me era l'inglese,
lingua universalmente adottata negli inviti, nei comunicati, nei
giornaletti, ma lo risolsi inviando opere visuali!
Fra i tanti corrispondenti c'era anche Vittore Baroni, artista postale
fra i piu attivi da me conosciuti, e siccome in estate passavo da Forte
dei Marmi, dove lui abitava, gli chiesi di incontrarlo. Li per li non
fu un grande incontro, ma dopo ne sono nati collaborazioni, progetti ed
una grande amicizia.
Sulle pagine di CRASH mi sbizzarrii in ogni forma di grafica, quello
che avevamo sperimentato nella musica lo riprovavo con la parola, e
l'immagine; Claudio saccheggiava tutto quello che gli capitava
sott'occhio e sotto mano, e con l'aggiunta di due o tre parole,
preparava le sbeffeggianti e graffianti retrocopertine. C'e solo
l'imbarazzo della scelta, it sacchetto da WC, la pagina di una rivista
porno, la camicetta della nonna che fa pubblicità al detersivo e che si
strappa proprio sul seno. Io intanto, avendo abbandonato colori e
pennelli, mi tuffai nel collage: tediato dalla frequenza assurda delle
pubblicità nelle riviste, dalla loro patinata inutilità, presi a
tagliarle, rincollarle, stravolgerle modificandone il messaggio. Cosi
giunsi a fare ben 250 collage originali per incollarli poi uno ad uno,
sul numero 012, per offrire ad ogni nostro lettore non un messaggio
unificato come è implicito nella stampa, ma uno personalizzato. Fu una
gran faticata, ma che soddisfazione, stavamo veramente lottando contro
i meccanismi di questa società sospinta verso un capitalismo vuoto e
brutale, naturalmente con le nostre piccole forze. Cosi per lo 013 (il 014, ndc)
chiesi a Mauro (che pubblicava fin dai primi numeri le sue foto) la
foto di un cesso, e lui me lo fece bello netto e reale, lo duplicai e
sia il fronte che il retro divennero la stessa copertina con incollato
un bel foglio di carta igienica rosa, pronta per l'uso e nell'interno
un ready made, un oggettino qualsiasi, trovato, numerato ed incollato:
fibbie, biglietti, carta a vetro, bottoni, stoffe, garze, ferretti,
monete, ecc. Ancora oggi, chi ricevette quella copia mi ricorda lo
stupore ed il divertimento provato. CRASH ci dava finalmente la
possibilità di scrivere i nostri pensieri e dibatterne attraverso le
lettere, pubblicare le nostre poesie e quelle dei nostri amici, fino a
quando demmo il via ad una collana di libere antologie, una sorta di
libri collettivi. Enrico Tomasini, un nostro collaboratore di Milano,
ci fornì il titolo "Risultati Garantiti", ottimo it titolo, ma pure la
qualità è risultata interessante, anche perché, mantenendo le stesse
premesse di CRASH, i generi, poesia, poesia visiva, racconti, fumetti,
esperimenti si sono mischiati senza scontrarsi, anzi hanno generato
strani percorsi fra sensibilità diverse dando modo ad alcuni giovani di
pubblicare in piena libertà; ne abbiamo pubblicate due, la terza in
preparazione, giace chiusa in qualche cassetto. Ormai ero rimasto solo,
Claudio si dibatteva in una marea di problemi finanziari e familiari,
non aveva piu la testa. Chiusi le pubblicazioni, avevo davanti a me il
mare grande dell'Arte Postale, continuai con maggiore intensità la mia
partecipazione ai vari progetti ed uno, sui francobolli personali, lo
lanciai io. Ebbe grande partecipazione, oltre 200 artisti da ogni parte
del globo, organizzai una mostra nella sala della Biblioteca di Rignano
e Pennello, autore/produttore della fanzine "Ars moriendi",
coll'aboratore di Arezzo Wave, volle riproporla nel Palazzo comunale di
Arezzo insieme alle opere di Pablo Echaurren, si impegno personalmente
per il trasporto di tutti i pannelli, e per l'inaugurazione mi prego di
intervenire. Facemmo un incontro nella storica sala del Palazzo, tutta
affrescata con motivi medievali, fra gli autoproduttori e gli artisti.
In altra occasione mi fece partecipare come CRASH. Fu una bellà
esperienza, incontrai molti di quelli con cui ero stato in contatto per
anni. Avevo un mio banchetto ricoperto da "pannoloni" con interrogativi
crasciani nel prato della fortezza in mezzo a quello di Vittore Baroni
e di Stampa Altemativa; in quella occasione parlando con Marcello
Baraghini di grafica minore, come quella dei biglietti dei concerti
anni '60, pensammo ad un libretto sui francobolli d'artista come i miei
che tenevo esposti. Ma è ancora li fra i sogni da realizzare. Quella
notte rimasi, con mia sorella e mio padre, a dormire nel forgone
accanto alla fortezza, "cullato" dai suoni super amplificati che fino a
notte fonda continuavano a venire dal palco.
In questa pausa di riflessione musicale, per i contatti che
continuavano a vivere, grazie alle autoproduzioni Crash, ci arrivò un
invito dal Canada ad inviare un brano per essere inseriti in una
Compilation, ma poiché ero per lo piu io in fase "non disturbare il
conducente", non risposi a questo invito interessante.
Gli incontri ed i confronts con la musica ed i musicisti continuavano.
Un pomeriggio un tastierista di nostra conoscenza, Simone Ermini,
giunse in casa con la sua nuova tastiera, suonò per noi, lui ascolto i
nostri pezzi e da quell'incontro riprese il desiderio di un tape. "20
Atmosfere", reazione poetico/musicale ad una pressione che ci voleva
schiacciati, it suono venne fuori compresso, distorto. Aroldino fece la
foto di copertina: Claudio che si scaccola un occhio. La grafica era it
mio campo, e mi sono divertito a studiare it librettino dei testi
all'interno della cassetta. Proprio allora mi ero riappropriato del mio
segno col biro, non ricordo come sia avvenuto dopo che per tanti anni
avevo usato la penna a china nera, generalmente con il pennino
finissimo, con la quale ho ricoperto decine di cartoncini: in alcuni,
utilizzando una forma a puntini, ho fatto nascere immagini compiute
anche da un caos di macchie. Era esaltante vedere affiorare, come da
una nebbia, i contorni precisi di luoghi sconosciuti che ben presto
diventavano abituali, o idee che divenivano possibili, frasi di poesie,
sogni ad occhi aperti. Tra cielo e terra. Tropico del Cancro. Centro di
erezione. Memoria di un sottopassaggio. Quei puntini aggregandosi
avevano quel potere, e chi li osservava ne rimaneva attratto. L'unico
problema e che si divoravano la mia gia precaria vista. Col biro
invece, un segno piu grossolano che però ha la possibilità delle
sfumature, riuscivo a fare cose simili stancandomi meno. Ma fui preso
da una furia di foreste che si assiepavano fino ai bordi del cartoncino
e lasciavano trasparire percorsi impossibili, ero costretto da un
brutto decubito a infinite ore di letto e disteso sul fianco con la
faccia schiacciata su un foglio, riempivo un cartoncino dietro l'altro,
sudavo e mi perdevo fino allo stremo dentro gli intrichi sfumati e le
invenzioni di forme. Da quei cartoncini ho tratto un libretto, in cui
il frenetico rincorrersi delle linee ed i tagli netti che avevo operato
in fase di montaggio, mi suggerirono it titolo "Paesaggi nervosi", che
ho stampato e spedito a tutti gli amici.
Sul
finire degli anni 80, abbiamo avuto anche esperienze personali
separate, con altri gruppi musicali. Franco fu contattato da Stefano
Magni e collaborò al disco dei Birdman of Alcatraz (From the birdcage.
ndc) con i sibili sinusoidali del suo pirimoog, mentre io mi aggregai
con Antonio Camiciottoli al basso, Maurizio Bugli al sax, e Massimo
Cozzini batterista Leninista, conosciuto nell'ambiente come "il pazzo
della Rufina" (cioe l'ossatura degli Sfinx, dei quali producemmo anche
un Tape), per una serata al Salt Pinats, scantinato di Piazza S.M.
Novella, dove una gremita platea di stranieri, fu coinvolta dal nostro
Funky-psichedelico, espresso in due brani di circa quarantacinque
minuti l'uno. Su una base ritmica ipnotica e costante, il sax costruiva
i suoi canti, mentre con la chitarra inserivo suoni ed effetti
nebulosi. Roba d'altri tempi. Non so se fu l'effetto della nostra
musica, o il liquido alcolico contenuto nelle bottiglie che gli Yankee
scolavano con tanto fervore, fatto sta che in quella sera si lasciarono
coinvolgere, in uno stato mentale anarcoide, facendo dimenticare il
loro essere "Americani". Razza balorda.
Anche noi non scherzammo, e la bottiglia di Whisky appoggiata
sull'amplificatore, segui il corso degli eventi."
Poi nel 1999 iniziò una nuova serie ....

Crash, Franco e Claudio all'Indipendent Music Meeting del 1984 a Firenze
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