mie

 







"Le fanzine"

tratto da Alfabeta n. 13, maggio 1980

di O. C.

Fanzine. Parola nuova, e forse sconosciuta ai più, nel vocabolario degli anni '80. Vediamo. La fanzine è un calco dall'inglese, sta per "fans magazine", cioè quel tipo di pubblicazione a tiratura di solito limitata, e a diffusione circoscritta, nata nei paesi anglosassoni ad uso degli appassionati di certi cantanti e gruppi musicali. Per esempio, ci sono state fanzine dei Beatles e degli Stones anche di grosso successo, così come di gruppi e solisti solo localmente conosciuti. Se le fanzine, anche in origine, servono come organi informativi a livello quasi di club, ben presto esse assumono anche una valenza informativa precisa:  sono strumento di informazione locale, supporto di comunicazione di idee e non circolanti ai livelli industriali.
Le fanzine hanno avuto in questi ultimi tempi un enorme successo proprio in Italia. Si può calcolare che ne esistano attualmente, fra periodiche e saltuarie, almeno 600-700. Costituiscono, insomma, un fenomeno di massa. La loro ascendenza, da noi, non è però di tipo anglosassone. Esse si rifanno pittosto ad un tipo di pubblicazioni, alternative e politicizzate, sorte con il movimento del 1977. Il primo opuscolo italiano del genere è infatti probabilmente A/traverso, rivistina bolognese di aspetto povero e di basso prezzo, legata alle vicende  del movimento in quella città, e a tutti i i suoi tipi di espressione: radio Alice, la musica, i locali, la cultura del trasversalismo, il nuovo dissenso e cosi via. Sulla scia di A/traverso nacquero innumerevoli altre iniziative similari, che ebbero tuttavia una effimera durata. Al loro posto (ma non c'è identificazione fra i due fenomeni) sono apparse le fanzine. Si tratta di riviste per modo di dire: talora hanno la forma del foglio volante, talora del ciclostilato, talora della comunicazione interna, talora infine del vero e proprio periodico. Sono legate solitamente all'attività dei gruppi musicali, in particolare ai produttori di musica rock, che oggi riesce ad aggregare gruppi di giovani non limitati ai soli musicisti. E la loro circolazione è spessissimo periferica, locale, decentrata. Produttori di fanzine infatti possono essere trovati a Bologna, Genova e Milano, ma anche, fra le altre città, massicciamente a Pordenone o Vercelli. E la loro circolazione è parimenti saltuaria, manuale, locale. Oltre che a qualche residuata libreria alternativa che ancora le offre ai propri frequentatori, è il concerto la sede naturale della distribuzione fanzinesca.
Alfabeta pubblica in questo numero (e in parte riprodotte qui sotto, ndc) una piccola documentazione (la nostra fonte è costituita dalle Shock Produzioni) del panorama attuale di questa produzione non ufficiale di cultura. Produzione di cultura: sta in queste parole la ragione del nostro interesse. Le fanzine infatti costituiscono un fenomeno che per la sua diffusione e i suoi caratteri merita qualche attenzione, dal momento che si presenta come invenzione linguistica destinata a coprire evidentemente delle carenze a livello di cultura ufficiale. Produzione di cultura, insistiamo ancora. Perché  le caratteristiche delle fanzine sembrano l'occasionalità e la casualità, ma la loro fattura ci pare invece esprimere alcuni elementi seriali da prendere in considerazione. Vediamone alcuni.
In primo luogo, l'espressione linguistica. I testi non sono più testi verbali, ma ormai completamente visivo-verbali. Certe avanguardie divengono dunque di massa: dadaismo, futurismo, poesia concreta e visiva perdono il carattere metropolitano e di élite, e sispostano a Gorgonzola, a Vercelli, a Budrio, a Campi Bisenzio, e via dicendo.
In secondo luogo, il loro "taglio" culturale. I riferimenti sono i più diversi: si va dal trasversalismo francesizzante all'analisi dei tratti particolari del pensiero di Adorno; si passa dalla musica e dalle espressioni punk alle ascendenze della più recente e immaginifica fantascienza: c'è Moebius e "Metal Hurlant"; c'è il fumetto horrorifico e la poesia d'avanguardia. Il miscuglio è impressionante, fenomeni "alti" e "bassi" si confondono e smarriscono i contorni. Eppure si ha l'idea non della confusione, ma di una poetica e di un'estetica: quella del mezzo povero e della sua possibilità di essere piegato alla forza del desiderio espressivo; quella dell'ironia e della dissacrazione, che nella mancanza di rispetto per le gerarchie, e nell'irreverenza degli accostamenti, ritrova delle possibilità liberatorie.
Alfabeta, con tutto ciò, non vuole affatto giudicare. Solo, presentare e ricordare un fenomeno. Non analizzarlo e ucciderlo (.....)