Al numero 1 è allegata la cassetta degli Underground life 
Al numero 2 è allegata la cassetta contenente brani di Weimar gesang e Plastic trash

numero 2
Al numero 3 è allegata la cassetta contenente brani di
Janitor of lunacy e Unit
 numero 3
Al numero 4 è allegata la cassetta contenente brani di Dead relatives e Tribal noise
numero 4
Al numero 5 è allegato il doppio LP contenente brani di Destijl, Suicide dada, Intolerance e Regard

Recensione di Federico Guglielmi tratta dal Mucchio Selvaggio n. 102 (luglio/agosto 1986)
Fedele alla mentalità
"evolutiva" che fino a questo momento ne ha guidato la progressiva
crescita professionale, la fanzine VM assemblata in quel di Monza da
Alessandro Limonta, è adesso giunta ad una "svolta", ad una tappa assai
importante del suo sviluppo: parallelamente ad un aumento della
tiratura (adesso 600 copie), infatti, il responsabile di quello che
assieme a Urlo Wave deve essere considerato l'organo ufficiale degli
appassionati di "nuovo rock" nostrano ha deciso (dopo quattro cassette)
di cimentarsi nella ben più impegnativa prova del vinile sempre con
l'intento di offrire a qualche band semisconosciuta e meritevole la
possibilità di farsi apprezzare da un pubblico più vasto.
Per il suo debutto
discografico, VM ha scelto di presentarsi in una veste piuttosto
insolita: un box di cartone, di quelli usati per la spedizione di Lp,
contenente il numero 5 della rivista, il numero 2 dell'opuscolo di
poesie "Giochi d'ombre" e ben due album a 33 giri nei quali sono
racchiuse performance sonore di quattro formazioni dell'area
lombardo/piemontese, tutte note esclusivamente ai più attenti
"aficionados" del panorama italiano.
Tralasciando le lodi alla
fanzine (come al solito molto scorrevole alla lettura ed impaginata in
modo semplice ma efficace) ed all'operazione in genere (12.000 lire per
un lavoro così curato ed interessante mi sembrano francamente un po'
pochine), sarà utile fornire al lettoredelucidazioni sull'aspetto
musicale di questo VM box-set, vale a dire sulle proposte dei quattro
gruppi che hanno entusiasticamente aderito all'iniziativa
"promozionale" della fanzine monzese: innanzitutto c'è da notare che
gli artisti, nonostante la presumibile inesperienza in sala
d'incisione, si rivelano sufficientemente maturi per quanto riguarda
gli arrangiamenti, e che le loro songs, pur se viziate da qualche
ingenuità e da una registrazione un po' piatta, risultano senz'altro
superiori alla media delle autoproduzioni autoctone.
Come miei preferiti
vorrei citare i Destijl, un quartetto torinese artefice di un sound in
bilico fra Diaframma e Viridanse che mette in mostra spunti assai
suggestivi; buoni, in ogni caso, anche Suicide Dada, Intolerance e
Regard, tutti legati a sonorità pacate ed avvolgenti sicuramente
derivate da una profonda passione per la "new wave" anglosassone dei
primi anni ottanta.
Ecco, forse l'unico
appunto che si potrebbe muovere a VM è quello di essere troppo
"sbilanciata" verso tale genere di musicalità, a scapito di altre che,
almeno a mio parere, meriterebbero pari considerazione: dark,
"post-punk" e le loro diramazioni sono comunque stili ancora ricchi di
linfa vitale, come ampiamente dimostrato dai due dischi compresi in
"Box-set": speriamo che questi giovani complessi trovino stimoli ed
ispirazioni sempre maggiori, persistendo nel loro discorso "creativo"
ed evitando di rifugiarsi nell'inconcludente prevedibilità degli
stereotipi

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Vm
Ho ripreso quasi
integralmente
una intervista, a cura di Enrico Bernardi e pubblicata sul suo ottimo
blog "Sull'amaca",
ad uno dei due principali creatori di una delle non moltissime fanzine
italiane di indubbia qualità. Un sentito
ringraziamento ad Enrico per avermi autorizzato a transporla su questo
sito, e, indirettamente, grazie anche all'intervistato Alessandro
Limonta.
VM, una fanzine new wave post punk
5
numeri pubblicati tra il 1984 e il 1986 con relativi allegati sonori,
il cui
dettaglio potete trovarlo a lato dell'intervista. Di seguito la
recensione del numero 5 a cura di di Federico Guglielmi tratta dal
Mucchio Selvaggio n. 102
numero 1
Domanda: Alessandro come ti venne l’idea di
stampare una fanzine?
Risposta: ....credo sia stata
principalmente la voglia di partecipare, di essere parte di qualcosa
che stava accadendo e che mi/ci sembrava bello ed importante. Per me è
quasi tutto legato a un disco in particolare: era uscito “Altrove”
dei Diaframma, e quel disco aveva segnato un punto di svolta in quello
che stava succedendo nella scena musicale underground. Erano anni in
cui, finiti gli anni di piombo e ancora lontana la “Pantera” di fine
anni ‘80, dal punto di vista politico non succedeva davvero molto, e
molte energie si erano riversate dalla politica verso la musica. La
musica dark/post-punk era una contro-cultura estetica più che etica, ma
raccoglieva le “menti migliori” di quella generazione che aveva 17 anni
nel 1980. Erano gli anni di Rockgarage, di Free – entrambi modelli
inarrivabili, troppo “professionali” per le nostre ambizioni, ma anche
gli anni di fanzine più “ruspanti” come Komakino dei fratelli Parziale,
o, per rimanere a Milano, Amen, intrisa di contro-cultura dark. Dopo
aver scritto alcuni pezzi per Komakino, c’è stata la decisione di
provare a fare qualcosa di diverso, nelle intenzioni di “migliore”.
Provando a fare una fanzine dedicata alla new-wave italiana. Con
allegata a ogni numero una cassetta. Che costasse il meno possibile.
Che fosse curata anche graficamente – per quanto possibile – pur
rimanendo una fanzine fotocopiata, niente composizione o stampa
professionale. Era un periodo che retrospettivamente sarebbe stato
identificato con la “Milano da bere” di Craxi, ma per noi era
piuttosto la Milano piena di negozi di dischi “di importazione”, la
Milano di Radio Popolare e programmi come “Zero Zero” di Giacomo e
Lele, la Milano della Calusca “storica” in Porta Romana, degli scambi
di articoli e copie con le altre fanzine, dei concerti all’Odissea 2001
e all’Art Noveau di Monza. Era un periodo culturalmente e musicalmente
“ricco”.
D: Leggendo i numeri di VM oltre a te c’erano
altri ragazzi, quanti eravate?
R: Eravamo fondamentalmente in due: io e Alessandra Sauer, che era una
compagna di scuola di una mia amica, e che aveva la mia stessa passione
per la musica “new-wave”, e la stessa voglia di scrivere, di fare, di
partecipare. Nei primi due numeri gli articoli non sono firmati proprio
perché eravamo solo noi due… poi abbiamo cominciato a ricevere
contributi “esterni” da ragazzi che acquistavano i numeri di VM e ci
proponevano recensioni ed interviste. Abbiamo sempre accolto tutti i
contributi, ma fino alla fine VM è stata fatta da me e Alessandra, con
aiuti più o meno estemporanei per la parte grafica e le fotografie.

D:
Eravate tutti appassionati di musica o
vi piaceva l’idea di creare una vostro spazio d’espressione?
R: Eravamo appassionati
di musica, e ci piaceva l’idea di creare uno
spazio per esprimerci con i mezzi che avevamo a disposizione allora,
cioè la scrittura. Verso la fine della vita di VM, attraverso le
conoscenze fatte a Monza (dove abitavamo), si era arrivati ad
ipotizzare la creazione di uno spazio “autogestito” per organizzare
concerti e far provare i gruppi musicali. Progetto mai realizzato per
mancanza di fondi sufficienti e di impegno concreto: alla fine
ripiegammo sulla creazione di una sala prove con i Weimar
Gesang, all’epoca sfrattati dalla loro precedente sala di
Treviglio. Ma questa è un’altra storia…
D: Il nome VM
cosa vuol dire e perché lo avete
scelto?
R: No comment … ricordo
esattamente cosa voleva dire, ma preferisco
soprassedere. E comunque non lo sa nessuno… Ma non era “vietato ai
minori“.
D: La selezione
per scrivere o d’intervistare un
gruppo come avveniva? C’era una sorta di redazione?
R: In realtà no, come
dicevo prima VM eravamo Alessandra ed io, quindi
la selezione era: questo lo fai tu o lo faccio io? Per le interviste,
di solito la discriminante era che il gruppo fosse raggiungibile
fisicamente, ma ne abbiamo fatte anche parecchie epistolari. Stiamo
parlando del periodo 1984/1986, pre-internet, pre-cellulari, pre-email,
quasi pre-computer: solo nell’86 avrei comprato un Commodore 64, nella
vana speranza di poterlo usare come sequencer, e solo un paio di anni
dopo l’Atari 1024ST, con interfaccia Midi incorporata e uno Steinberg
Pro 24 craccato (l’antenato di Cubase!), che pilotava il mitico M1
della Korg, e solo nel 1990 il mio primo Ibm-compatibile, un 286 con
1Mb di memoria (espansa!) e 20Mb di disco fisso. Ma anche questa è
un’altra storia… Comunque 1984 vuol dire che tutta la fanzine era già
realizzata con il “taglia/incolla”, però si faceva con forbici e
vynavil, trasferelli per i titoli, tutta scritta a macchina (correzioni
con lo “sbianchettino”) senza nessun tipo di formattazione per il
testo… insomma, a ripensarci, una vera follia, che richiedeva una
quantità assurda di tempo per realizzare fisicamente un numero.
D:
Raccontami ora degli allegati sonori, come facevate a rintracciare i
musicisti? Avevate molti costi? Penso alle telefonate interurbane …
R: Mah, i costi, che ti
devo dire… vivevamo ancora tutti con i nostri
genitori, tra la fine delle superiori e l’inizio dell’università,
nessuno lavorava ancora. Il telefono non era un problema, era quello
dei genitori! E poi la maggior parte delle cose si facevano di persona
o per posta, quella con i francobolli. Per quanto riguarda i gruppi
degli allegati sonori: VM non sarebbe mai nata senza gli Underground Life.
All’epoca gli U. L. erano “quasi amici”, li avevo già intervistati per
Komakino, vivevamo nella stessa città, e loro erano tra i gruppi più
famosi del periodo. Quando avevo parlato con Giancarlo Onorato di VM si
era subito detto disponibile a darci una mano con la cassetta. Sul
primo numero avrebbero dovuto esserci loro su un lato e i Le Masque
sull’altro, che all’ultimo momento, dopo aver firmato il contratto con
la Mask per il loro primo ep ci diedero buca “per esigenze
commerciali legate alla volontà dell’etichetta”
(!). A quel punto, con il numero uno di VM praticamente già pronto, gli
U. L. furono gentilissimi e ci misero a disposizione i pezzi necessari
a fare una cassetta completa: cambiammo l’ultima pagina e stampammo il
tutto. E il nome U. L. fu senz’altro fondamentale per vendere il primo
numero di questa sconosciuta fanzine dedicata solo ai gruppi italiani.
I Weimar Gesang, un’altra storia parallela, nata dai primi contatti per
avere il loro demo “Our Silent
Growth“, ascoltato a Zero Zero.
Beppe, il chitarrista, frequentava la mia stessa università, Fabio
avrebbe fatto di lì a poco il servizio civile a Monza, proprio nella
scuola in cui studiavano alcune delle persone (Patrizia e Nathalie in
particolare) che io avevo conosciuto attraverso il primo numero di VM e
che avrebbero poi fatto parte della realizzazione della sala prove di
cui parlavo prima (e anche del “mio” primo gruppo new-wave, in cui
suonavo il basso, completato da Letizia, un’amica milanese di Fabio)
Insomma, storie così: ogni gruppo era un caso a sé, a volte eravamo noi
a contattare un gruppo che ci piaceva particolarmente, a volte era un
gruppo che ci contattava e ci proponeva dei pezzi. Riascoltando adesso
le cassette di VM per passarle in digitale, penso che quella degli U.L.
sia una testimonianza preziosa del miglior periodo di un gruppo che,
purtroppo, aveva già dato il suo meglio, e stava cominciando a
scollarsi dall’underground, senza riuscire a raggiungere il mainstream,
neppure quello allora alternativo di Litfiba e Diaframma. La side dei
Weimar Gesang la trovo bellissima, tra l’altro “The Dragging”
è ascoltabile solo qui, è stato un pezzo registrato apposta per VM,
nello studio (8 tracce!) di un amico (sempre conosciuto attraverso VM),
e “Light-tight place“, qui in versione live, è un pezzo che
sarebbe finito un paio di anni dopo sul terzo disco dei W. G., “No
Given Path“,
e anche la side dei Janitor of Lunacy mi sembra ancora ottima, erano un
gruppo che avrebbe meritato molto di più. Tutto il resto, direi più o
meno cose cha avevano un senso all’epoca, ma niente che abbia davvero
resistito alla prova del tempo.
D: Mi
incuriosisce sapere delle canzoni, i gruppi ti davano una casetta o si
andava in uno studio di registrazione? Facevate un riversamento o …
R: Anche qui, varie ed
eventuali. Il primo numero, tutto duplicato in
casa con tre/quattro registratori sequestrati ad amici vari e collegati
in cascata, qualità sonora assurda: il master era una cassetta “metal”
fatta a partire dalle cassette degli U. L. , una vera follia
qualitativa. Le altre cassette, duplicate “professionalmente” nei posti
meno scalcagnati che ci potevamo permettere e che si occupavano di
tirature minime come quelle che servivano a noi. I gruppi ci davano
quello che avevano, a volte cassette, a volte anche nastri
semi-professionali.
D: Quale
tiratura avete raggiunto nel corso
delle cinque uscite? Come la facevate conoscere?
R: 100, 200, 300, 300,
600. Tutte vendute fino al numero quattro, col
numero 5 boh. Non ho mai capito davvero cosa successe, forse è stato
solo il classico passo più lungo della gamba, oltretutto in un perido
che cominciava a non essere più così “favorevole” per la musica che
piaceva a noi, la new-wave. Stava nascendo l’interesse per la
psichedelia, il garage, più avanti la sbornia di Stooges propinata da
Claudio Sorge su Rockerilla per un paio di anni. Noi probabilmente non
eravamo “pronti”…
D: La stampa
ufficiale come accolse la fanzine?
R: Per quel che ricordo,
in nessuna maniera. su Rockerilla all’epoca
c’era una rubrica degli annunci, non ricordo davvero se gratuita o a
pagamento, e questo è più o meno tutto. Non ricordo recensioni di
quello che faceva VM nè su Rockerilla nè sul Mucchio, ma è anche vero
che la parte commerciale/pubblicitaria per noi era un optional, si
andava giusto a ZeroZero, si portavano i numeri nei “soliti” negozi (in
conto vendita) e morta lì. Cenno inevitabile per un famoso negozio
toscano, l’unico negozio che dopo aver accettato di tenere alcuni
numeri di VM, non ci ha mai nè fatto avere i soldi nè restituito le
copie, c’erano squali anche nel cosidetto giro “indipendente”. Non
posso non ricordare qui la lettera di minaccia (“Guardate che noi
conosciamo tutti quelli importanti e non vi facciamo più vendere
neppure una copia“)
di un gruppo poi diventato “famoso”, del quale ci eravamo permessi di
dire che ci ricordavano un po’ troppo i Clash. Tenere presente le
“tirature” di VM qui sopra ricordate per capire l’assurdità della
minaccia…
D: Oltre agli
allegati musicali
nei numeri 4 e 5 si è aggiunto l’inserto GDO (Giochi d’Ombra), me ne
parli? Qual’era l’idea di fondo?
R: Insieme ai demotapes
avevano cominciato ad arrivare sempre più poesie, disegni, racconti, di
gente che aveva un’evidente urgenza espressiva. Alcune cose ci
piacevano davvero e pensavamo fosse un peccato non farle conoscere
almeno a quei pochi che compravano VM. Così abbiamo deciso di
pubblicare questo supplemento, per dare spazio alle espressioni “non
musicali”. Il titolo era un ovvio ed evidente omaggio ai Joy Division.
D:
Purtroppo non ho mai avuto il piacere di leggere un numero cartaceo di
VM, però dalle copie in formato pdf noto che c’era una sorta
d’impostazione gafica di base …
R: Grazie, è vero: ma
molto alla buona, nessuno di noi aveva studiato grafica ma ci piacevano
le scelte estetiche della Factory, lo stile dei primi numeri di Free.
Erano cose che abbiamo provato a replicare, traducendole in una
versione più grezza e malriuscita di quegli inarrivabili esempi.
D: Le foto erano
vostre?
R: Le foto erano nostre,
e come per la grafica, rivedendole adesso mi
rendo conto che spesso le scelte fatte non le riconosco più come mie.
All’epoca ci sembrava una cosa giusta, adesso boh, alcune cose mi
imbarazzano un po’…
D: Quanto durò
VM?
R: Circa due anni,
dall’84 all’86.
D: Alessandro,
c’è un numero di VM o una sua
parte a cui sei particolarmente affezionato?
R: Sicuramente il primo
numero: non è quello “venuto meglio”, ma è
stato quello che ha dato il via a tutto. Musicalmente però, come dicevo
prima, credo che la cosa migliore in assoluto siano i brani dei Weimar
Gesang.
D: Dopo tutti
questi anni trascorsi, sei ancora
in contatto con qualche artista o con i tuoi collaboratori?
R: Purtroppo no. Sono
passati quasi 25 anni dall’ultimo numero di VM,
quando L’abbiamo pubblicato avevo 23 anni… Non so assolutamente che
fine abbia fatto Alessandra, e non sono più in contatto (con una sola
eccezione) con nessuno dei gruppi di cui si parlava su VM. Magari dopo
che sarà uscito il tuo post riuscirò a riallacciare qualche contatto!
D: E perchè
interrompesti i numeri successivi?
R: Solita storia: con i
soldi di un numero stampavamo il numero
seguente in più copie. I costi totali dell’avventura VM furono, per
quello che ricordo, 100.000 lire a testa per stampare il primo numero,
che venduto a 4500 lire, di cui 500 andavano per la spedizione, ci ha
fatto avere abbastanza soldi per stampare 200 copie del numero due, e
così via fino al numero cinque. Dall’uno al quattro aveva funzionato
tutto bene, con il cinque abbiamo fatto il classico passo più lungo
della gamba, e non siamo mai rientrati dalle spese fatte. Nel frattempo
erano nate cose che sembravano anche più interessanti: la sala prove,
il gruppo musicale… Quando abbiamo cominciato a vedere la fatica che
facevamo a recuperare i soldi spesi per il numero cinque, abbiamo,
anche un po’ colpevolmente e volontariamennte, mollato il colpo. Di
fatto non cominciammo mai neppure a “pensare” a un VM sei. Ma come
dicevamo nei commenti al tuo articolo su “Rockgarage”,
il bello era stato il viaggio, non era importante arrivare da nessuna
parte. Finito quel viaggio, ne sono cominciati altri, che alla fine mi
hanno portato a suonare il basso nel gruppo new-wave fino all’88, mi
hanno fatto ad esempio scegliere il servizo civile invece del servizio
militare, poi mi hanno fatto cominciare a suonare la chitarra con
quelli che sarebbero diventati i Mother of Loose dalla fine degli anni
‘80 a oltre metà anni ‘90, e poi dopo al fine del gruppo il
coinvolgimento con la scena software open-source in diversi progetti
(da Litestep/Indiestep a diversi cose per Windows Mobile) e poi
finalmente, quasi a chiudere un cerchio, il ritorno alla scrittura con
il blog Place to Be.
D: Vuoi
aggiungere qualcos’altro a questa
intervista?
R: Si, un’ultima nota:
circa un anno fa avevo scoperto casualmente che
esisteva ancora un (piccolo) interesse verso la scena new-wave italiana
dei primi anni ‘80, e un giro in cantina mi aveva fatto trovare le
cassette e le “matrici” originali dei vari numeri di VM. Da qui era
nata l’idea di digitalizzare il tutto per “uso personale”. Solo
recentemente la “scoperta” di un sito come Bandcamp mi ha dato l’idea
di una pubblicazione on-line gratuita. Al momento sono già disponibili
su Bandcamp.com
i primi quattro numeri di VM, a breve spero di riuscire a finire la
digitalizzazione del numero 5.
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